La rivista HP/Accaparlante, realizzata dal Centro Documentazione
Handicap (CDH) di Bologna e pubblicata dalla Editrice Erickson, ha dedicato
l'intero numero di settembre 2003 ai temi del cinema, della televisione e
della disabilità, con una monografia di circa un centinaio
di pagine Immagini Latenti, Cinema e Disabilità e, nelle rubriche,
un articolo di Massimiliano Rubbi sulla sottotitolazione televisiva in Europea
ed il Progetto VOICE.
Nel complimentarmi con l'autore per tale testo interessante, lo riporto
qui di seguito con il suo consenso, evidenziando in grassetto le frasi salienti
dal punto di vista delle attività del Progetto VOICE.
Giuliano Pirelli
7 ottobre 2003
I
sottotitoli per non udenti nelle televisioni europee
Il numero 777 è associato dalla maggioranza degli italiani al Televideo RAI, ed in particolare ai sottotitoli per non udenti. Un servizio che la concessionaria televisiva pubblica fornisce sin dal 1986 a una categoria di spettatori vasta come quella delle persone con difficoltà di udito, quando non totalmente sorde. Con modalità analoghe, ovvero con una pagina di teletext in aggiornamento contemporaneo allo scorrere delle immagini, tutte le televisioni europee consentono a chi è toccato da questo genere di deficit di "guardare la TV". Se si esclude qualche eccezione, l'Europa sembra più unita che in altri campi: purtroppo, nell'emarginare un gruppo rilevante di propri telespettatori.
Non esiste alcuna normativa europea riguardo la sottotitolazione di programmi televisivi. Se si pensa che l'accusa più frequente alle istituzioni comunitarie è quella di regolamentare burocraticamente ogni aspetto della nostra vita, fino alla leggendaria "curvatura delle banane", questa mancanza non può che stupire. Perfino nella decisione del Consiglio Europeo che ha proclamato il 2003 Anno Europeo delle persone con disabilità c'è solo un brevissimo cenno al tema, nell'allegato operativo, che invita a cooperare con i media per rendere accessibili le informazioni sull'Anno stesso, "ad esempio [con] sottotitoli per le persone audiolese".Una persistente "disattenzione"
Stando ai dati forniti dal Deaf Broadcasting Council britannico, da fonte EBU, nel 2000 la percentuale di trasmissioni sottotitolate (da emittenti pubbliche) si aggirava in quasi tutti i Paesi europei tra il 15 e il 20%. Una più recente inchiesta della ÖGLB, l'Associazione nazionale dei sordi austriaci, condotta consultando le organizzazioni omologhe in 16 nazioni europee, indica nel maggio 2003 percentuali non dissimili. Va detto che in alcuni casi si riscontrano sensibili passi avanti: le reti di servizio pubblico francesi dichiarano incrementi annuali del 6,5% sul totale dei programmi nella sottotitolazione, e la ARD, il primo canale pubblico tedesco (nonché l'unica emittente ad avere risposto al nostro mini-sondaggio via mail), pur senza andare oltre il 10%, ha quasi raddoppiato le ore di sottotitoli negli ultimi 3 anni. Nel complesso, tuttavia, un po' poco, come se si fosse costretti a disattivare l'audio TV per 4 ore su 5 - il che è tanto più grave se si concorda con Michel Chion sull'idea di televisione come "immagine in più", ovvero come medium basato sul flusso delle parole e dei suoni, cui l'immagine si limita ad aggiungersi per "dare colore".Da concessione sociale a elemento tecnico
Diverse associazioni di persone con deficit uditivo insistono per una maggiore
diffusione della lingua dei segni nel palinsesto televisivo.
Questo genere di programmi è oggi di limitatissima diffusione
in tutta Europa (perfino nel "paradiso inglese", solo 2 ore alla
settimana), ma anche sul piano astratto ha valenza ghettizzante di
trasmissione per individui audiolesi. Inoltre, solo la parte più
"integrata" della comunità può fruirne - ad esempio,
difficilmente chi ha difficoltà uditive legate all'invecchiamento potrà
capirci granché (per tacer del fatto che, data la natura nazionale
e specialistica delle lingue dei segni, l'armonizzazione europea salta quasi
del tutto). Si tratta dunque di programmi utili entro un "palinsesto
sociale", ma che non risolvono il problema di garantire la fruizione
televisiva in sé a chi ha difficoltà di udito.
L'accessibilità dei programmi televisivi ai soggetti privi dell'udito
è stata finora considerata in termini per l'appunto "sociali",
e quindi demandata ai contratti di servizio pubblico dell'emittente un po'
in tutta Europa. Con i risultati che abbiamo visto, e con il non piccolo inconveniente
di lasciare l'accessibilità delle emittenti private al loro buon cuore.
Del resto, imporre per legge livelli di sottotitolazione irraggiungibili non
risolverebbe molto. Ecco perché mi pare determinante iniziare
a considerare i sottotitoli un aspetto non più sociale, ma
tecnico delle trasmissioni, al pari delle luci di scena o dei testi
dell'intervista all'ospite internazionale. In altri termini, non più
un'aggiunta al programma già confezionato, la cui responsabilità
si scarica sulle spalle (deboli, in termini di budget) delle "anime pie"
del Segretariato Sociale o suo omologo; un elemento costitutivo del programma
stesso, invece, cui un direttore di produzione può anche rinunciare,
ma per una propria scelta precisa e consapevole del fatto che in questo modo
abdica a una fetta non irrilevante di pubblico. Solo così,
a mio avviso, si potrà eliminare quel minimalismo che fa brillare per
filantropia l'emittente che riesce a sottotitolare un telegiornale al giorno,
senza porsi il problema di tutti quelli rimanenti e inaccessibili. Inoltre,
in questo modo si supera la contrapposizione tra televisioni pubbliche e private,
dal momento che rinunciare a priori a una quota di contatti pubblicitari è
ben più grave, nella prospettiva di qualsiasi emittente, che escludere
una "fascia debole".
E per chi volesse iniziare a fare calcoli, si stima che le persone
con difficoltà uditive nella UE siano circa 59 milioni, destinati
a salire a 90 entro il 2015, con quote di maggioranza assoluta tra le fasce
più anziane. Una massa decisamente rilevante, che finora è stata
di "teleaspettatori", uomini e donne in attesa che ci si
accorgesse che guardare la TV senza capire cosa si dice spesso non dà
un gran gusto. E che potrebbero divenire telespettatori se solo ci si rendesse
conto di quanta audience viene sprecata, a costi infinitesimali rispetto
a quelli di realizzazione o di acquisto di una trasmissione, soltanto perché
la "variabile sottotitoli" non viene considerata dentro
quella trasmissione, ma come costo esterno o di struttura. Speriamo
che la Bella Addormentata dell'Emittenza si svegli presto
Comunicato stampa per l'uscita della rivista (file PDF)
Chi fosse interessato alla rivista può rivolgersi alle
Edizioni Erickson:
http://www.erickson.it Numero verde 800-844052
o alla Associazione CDH - Centro Documentazione Handicap
Via Legnano 2 - 40132 Bologna - Tel. 051/6415005 - Fax 051/6415055
E-mail cdh@accaparlante.it Web http://www.accaparlante.it