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Il Progetto VOICE per la Didattica: i bisogni degli studenti universitari audiolesi
Uno dei primi laureati audiolesi in Italia (anni 1971-1976)
Testimonianza di Alessandro Mezzanotte, laureato audioleso
presso la Facoltà di Veterinaria dell'Università degli Studi di Milano

Sono nato con una sordità bilaterale grave, diventata in seguito totale. Ho frequentato le elementari presso una scuola speciale di Milano (Giulio Tarra) che per me si è dimostrata fondamentale per superare i miei problemi di comunicazione. Successivamente, le scuole medie ed il liceo classico presso una scuola privata (Istituto Zaccaria) sono state affrontate con classi di udenti, entrando quindi nel mondo per me totalmente nuovo della comunicazione verbale.
Sono stati quindi anni caratterizzati sì da un grande impegno nello studio ma anche da tante difficoltà perché dovevo recuperare il grave gap provocato dalla mia condizione di sordo, oltretutto privo di qualsiasi sostegno delle figure specializzate della sordità, allora inesistenti. Un aiuto decisivo, tuttavia, l'ho avuto dalla mia famiglia che mi ha sostenuto non solo moralmente, ma aiutandomi in tutti i compiti che ero chiamato a svolgere, in questo compensando in buona parte la mancanza di strutture scolastiche di supporto.

Quindi, dopo la maturità classica mi sono deciso al grande passo dell'università e ho scelto la facoltà di medicina veterinaria.
Questa mia decisione era dettata da motivazioni ben precise. Al contrario di molti che scelgono l'università per aderire a comportamenti diffusi o per ripetere tradizioni familiari, l'ho fatto non solo perché effettivamente mi interessava, ma anche per una sorta di sfida verso me stesso e verso i pregiudizi che non vogliono le persone sorde capaci di arrivare alla laurea.
Insomma, ero partito con forti stimoli e dal presupposto che, dopo aver superato le scuole superiori, avrei dovuto saper camminare con le mie gambe. Consideravo fondamentale scegliere la facoltà in base alle mie naturali inclinazioni e quella che avevo scelto rispondeva al forte interesse che provavo per la medicina e la scienza in generale e questo indipendentemente dal fatto che avrei fatto o meno il veterinario praticante.
Questa è stata la molla che mi aveva fatto decidere al grande salto, ritenevo che un reale interesse verso quanto mi sentivo attratto, unitamente alla sfida che avevo lanciato, avrebbe alleviato i problemi che avrei dovuto certamente affrontare.

Tuttavia, pure all'Università dovevo fare i conti con la mancanza di strutture adeguate a risolvere esigenze e problematiche individuali, figurarsi quelle degli studenti con problemi udito.
Pertanto, appena mi sono immatricolato nell'università - era il 1971 - ho adottato subito alcuni accorgimenti. Innanzitutto quelli cui lo studente sordo fa normalmente ricorso in qualsiasi ambiente scolastico: cioè stando nelle prime file delle aule, parlando con i docenti perché si rivolgessero verso di me durante le lezioni, allacciando buoni rapporti con alcuni compagni anche perchè mi fornissero un aiuto prestandomi i loro appunti scritti.
In secondo luogo mi sono documentato per la scelta di un'adeguata formulazione del piano di studi, cercando inoltre di migliorare le mie capacità di autogestione che avevo sviluppato alle scuole superiori. In pratica: non restare isolato e fare il più possibile gruppo, sfruttando lo spirito di amicizia giovanile tipico dell'ambiente universitario.
Tuttavia i miei sforzi si sono rivelati in gran parte vani.
Spesso e volentieri, infatti, i docenti si dimenticavano di me, peregrinando da un punto all'altro dell'aula, a volte parlavano con il microfono davanti alla bocca impediva la lettura labiale; non di rado venivano spente le luci durante la proiezione di foto e di diapositive impedendo del tutto la lettura labiale. Ma anche quando i professori si ponevano di fronte a me, dopo un certo tempo i miei occhi si stancavano di mirare e rimirare le loro labbra, con il risultato di creare in me tanta stanchezza.
Nemmeno gli appunti di alcuni miei volonterosi compagni si erano dimostrati di grande utilità, in quanto le loro note spesso rispecchiavano interpretazioni e punti di vista personali nei riguardi degli argomenti trattati durante le lezioni. Insomma, mi ero accorto che, invece di ottenere dei benefici come speravo, all'università i miei problemi si erano ancor più aggravati.
Pertanto ho cambiato strategia e mi sono deciso ad arrangiarmi da solo consultando pressoché quotidianamente i testi della biblioteca universitaria, al fine di integrare l'elaborato dei miei testi di studio con quelli che riuscivo a reperire, ciò al fine di approfondire il più possibile i temi oggetto del piano di studio. Questa soluzione, che pure ha richiesto un notevole dispendio di tempo e di energie, si è dimostrata utile per compensare la mancanza di aiuti e per affrontare con una buona preparazione i miei esami.
Naturalmente ho adottato altri accorgimenti, via via che proseguivo con gli studi, soprattutto quando durante lo svolgimento di lezioni pratiche di laboratorio chiedevo e spesso ottenevo delle ripetizioni.
Non mi sono nemmeno mancate delle esperienze significative con alcuni docenti. Alcuni di questi - specie durante gli esami - non mancavano di farmi capire che non avrei potuto esercitare la professione. Ma l'esperienza più emblematica che aveva fatto rivelare a tutti - professori e compagni - quanto la sordità potesse essere di grave nocumento in tutte le circostanze della vita e non solo nello svolgimento delle lezioni era emersa in tutta la sua gravità nel corso delle lezioni pratiche di chirurgia. Infatti, durante gli interventi i chirurghi usavano la mascherina copribocca, spiegando contestualmente le tecniche, ma avendo la bocca coperta mi impedivano di fatto di leggere sulle labbra.
Questo ed altri episodi hanno comportato per me una grande amarezza, anche perché mi ritenevo privato di un mio diritto. A volte subentrava in me lo sconforto, ma non se ne andava la determinazione a volercela fare a tutti i costi, e questa è stata la molla che mi ha permesso di arrivare fino in fondo.
Il superamento degli esami ovviamente mi è stato di grande stimolo nel proseguire con fiducia gli studi, e la proclamazione dalla mia laurea, avvenuta nel marzo del 1976, ha coronato un periodo di soddisfazioni personali, ma anche di grandi sacrifici.
Al di là dell'ovvia, grande soddisfazione che ho provato quando mi sono laureato, va detto che ho affrontato gli studi in condizioni di grave svantaggio, ben lontane dalle pari opportunità.
Per questo ritengo che, se avessi avuto degli opportuni sostegni, avrei certamente fatto molta meno fatica e guadagnato del tempo anche per ottenere un mio spazio extrauniversitario, che purtroppo per forza di cose e per mia scelta è stato alquanto limitato. E questa considerazione, naturalmente, vale per tutti coloro che hanno problemi uditivi.
In conclusione, io credo che i tutor, gli interpreti per sordi, e alcuni strumenti informatici oggi disponibili siano indispensabili per gli studenti sordi ed è importante che venga dato loro il tipo di sussidio che preferiscono. In tal modo non solo sono supportati durante il loro iter scolastico, ma vengono anche messi nelle condizioni di esprimere le loro risorse e capacità che, purtroppo, non vengono riconosciute a causa dei pregiudizi che ancora oggi sussistono nei loro confronti.
Negli USA, per esempio, esistono dei casi di sordi che esercitano la professione di giudici, avvocati, veterinari … proprio perché hanno i mezzi e gli strumenti per poterlo fare.
E' solo una delle tante considerazioni che dovrebbero indurre tutti a riflettere di che cosa sono potenzialmente capaci di fare le persone sorde e del dovere che la società ha di fornire i servizi indispensabili anche per la loro dignità.


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