Sono nato con una sordità bilaterale grave, diventata in seguito 
          totale. Ho frequentato le elementari presso una scuola speciale di Milano 
          (Giulio Tarra) che per me si è dimostrata fondamentale per superare 
          i miei problemi di comunicazione. Successivamente, le scuole medie ed 
          il liceo classico presso una scuola privata (Istituto Zaccaria) sono 
          state affrontate con classi di udenti, entrando quindi nel mondo per 
          me totalmente nuovo della comunicazione verbale. 
          Sono stati quindi anni caratterizzati sì da un grande impegno 
          nello studio ma anche da tante difficoltà perché dovevo 
          recuperare il grave gap provocato dalla mia condizione di sordo, 
          oltretutto privo di qualsiasi sostegno delle figure specializzate della 
          sordità, allora inesistenti. Un aiuto decisivo, tuttavia, l'ho 
          avuto dalla mia famiglia che mi ha sostenuto non solo moralmente, ma 
          aiutandomi in tutti i compiti che ero chiamato a svolgere, in questo 
          compensando in buona parte la mancanza di strutture scolastiche di supporto. 
        
Quindi, dopo la maturità classica mi sono deciso al grande passo 
          dell'università e ho scelto la facoltà di medicina veterinaria. 
          
          Questa mia decisione era dettata da motivazioni ben precise. Al contrario 
          di molti che scelgono l'università per aderire a comportamenti 
          diffusi o per ripetere tradizioni familiari, l'ho fatto non solo perché 
          effettivamente mi interessava, ma anche per una sorta di sfida verso 
          me stesso e verso i pregiudizi che non vogliono le persone sorde 
          capaci di arrivare alla laurea. 
          Insomma, ero partito con forti stimoli e dal presupposto che, dopo aver 
          superato le scuole superiori, avrei dovuto saper camminare con le mie 
          gambe. Consideravo fondamentale scegliere la facoltà in base 
          alle mie naturali inclinazioni e quella che avevo scelto rispondeva 
          al forte interesse che provavo per la medicina e la scienza in generale 
          e questo indipendentemente dal fatto che avrei fatto o meno il veterinario 
          praticante. 
          Questa è stata la molla che mi aveva fatto decidere al grande 
          salto, ritenevo che un reale interesse verso quanto mi sentivo attratto, 
          unitamente alla sfida che avevo lanciato, avrebbe alleviato i problemi 
          che avrei dovuto certamente affrontare. 
Tuttavia, pure all'Università dovevo fare i conti con la mancanza 
          di strutture adeguate a risolvere esigenze e problematiche individuali, 
          figurarsi quelle degli studenti con problemi udito. 
          Pertanto, appena mi sono immatricolato nell'università - era 
          il 1971 - ho adottato subito alcuni accorgimenti. Innanzitutto quelli 
          cui lo studente sordo fa normalmente ricorso in qualsiasi ambiente scolastico: 
          cioè stando nelle prime file delle aule, parlando con 
          i docenti perché si rivolgessero verso di me durante le 
          lezioni, allacciando buoni rapporti con alcuni compagni anche 
          perchè mi fornissero un aiuto prestandomi i loro appunti 
          scritti.
          In secondo luogo mi sono documentato per la scelta di un'adeguata formulazione 
          del piano di studi, cercando inoltre di migliorare le mie capacità 
          di autogestione che avevo sviluppato alle scuole superiori. In pratica: 
          non restare isolato e fare il più possibile gruppo, sfruttando 
          lo spirito di amicizia giovanile tipico dell'ambiente universitario.
          Tuttavia i miei sforzi si sono rivelati in gran parte vani.
          Spesso e volentieri, infatti, i docenti si dimenticavano di me, 
          peregrinando da un punto all'altro dell'aula, a volte parlavano con 
          il microfono davanti alla bocca impediva la lettura labiale; 
          non di rado venivano spente le luci durante la proiezione di foto e 
          di diapositive impedendo del tutto la lettura labiale. Ma anche quando 
          i professori si ponevano di fronte a me, dopo un certo tempo i miei 
          occhi si stancavano di mirare e rimirare le loro labbra, con il risultato 
          di creare in me tanta stanchezza. 
          Nemmeno gli appunti di alcuni miei volonterosi compagni si erano 
          dimostrati di grande utilità, in quanto le loro note spesso rispecchiavano 
          interpretazioni e punti di vista personali nei riguardi degli argomenti 
          trattati durante le lezioni. Insomma, mi ero accorto che, invece di 
          ottenere dei benefici come speravo, all'università i miei problemi 
          si erano ancor più aggravati. 
          Pertanto ho cambiato strategia e mi sono deciso ad arrangiarmi da solo 
          consultando pressoché quotidianamente i testi della biblioteca 
          universitaria, al fine di integrare l'elaborato dei miei testi di studio 
          con quelli che riuscivo a reperire, ciò al fine di approfondire 
          il più possibile i temi oggetto del piano di studio. Questa soluzione, 
          che pure ha richiesto un notevole dispendio di tempo e di energie, si 
          è dimostrata utile per compensare la mancanza di aiuti e per 
          affrontare con una buona preparazione i miei esami. 
          Naturalmente ho adottato altri accorgimenti, via via che proseguivo 
          con gli studi, soprattutto quando durante lo svolgimento di lezioni 
          pratiche di laboratorio chiedevo e spesso ottenevo delle ripetizioni. 
          
          Non mi sono nemmeno mancate delle esperienze significative con alcuni 
          docenti. Alcuni di questi - specie durante gli esami - non mancavano 
          di farmi capire che non avrei potuto esercitare la professione. Ma l'esperienza 
          più emblematica che aveva fatto rivelare a tutti - professori 
          e compagni - quanto la sordità potesse essere di grave nocumento 
          in tutte le circostanze della vita e non solo nello svolgimento delle 
          lezioni era emersa in tutta la sua gravità nel corso delle lezioni 
          pratiche di chirurgia. Infatti, durante gli interventi i chirurghi usavano 
          la mascherina copribocca, spiegando contestualmente le tecniche, 
          ma avendo la bocca coperta mi impedivano di fatto di leggere sulle labbra. 
          
          Questo ed altri episodi hanno comportato per me una grande amarezza, 
          anche perché mi ritenevo privato di un mio diritto. A 
          volte subentrava in me lo sconforto, ma non se ne andava la determinazione 
          a volercela fare a tutti i costi, e questa è stata la molla che 
          mi ha permesso di arrivare fino in fondo. 
          Il superamento degli esami ovviamente mi è stato di grande stimolo 
          nel proseguire con fiducia gli studi, e la proclamazione dalla mia laurea, 
          avvenuta nel marzo del 1976, ha coronato un periodo di soddisfazioni 
          personali, ma anche di grandi sacrifici. 
          Al di là dell'ovvia, grande soddisfazione che ho provato quando 
          mi sono laureato, va detto che ho affrontato gli studi in condizioni 
          di grave svantaggio, ben lontane dalle pari opportunità.
          Per questo ritengo che, se avessi avuto degli opportuni sostegni, 
          avrei certamente fatto molta meno fatica e guadagnato del tempo 
          anche per ottenere un mio spazio extrauniversitario, che purtroppo 
          per forza di cose e per mia scelta è stato alquanto limitato. 
          E questa considerazione, naturalmente, vale per tutti coloro che hanno 
          problemi uditivi.
          In conclusione, io credo che i tutor, gli interpreti per sordi, e alcuni 
          strumenti informatici oggi disponibili siano indispensabili per gli 
          studenti sordi ed è importante che venga dato loro il tipo di 
          sussidio che preferiscono. In tal modo non solo sono supportati durante 
          il loro iter scolastico, ma vengono anche messi nelle condizioni di 
          esprimere le loro risorse e capacità che, purtroppo, non 
          vengono riconosciute a causa dei pregiudizi che ancora oggi sussistono 
          nei loro confronti.
          Negli USA, per esempio, esistono dei casi di sordi che esercitano la 
          professione di giudici, avvocati, veterinari 
 proprio perché 
          hanno i mezzi e gli strumenti per poterlo fare.
          E' solo una delle tante considerazioni che dovrebbero indurre tutti 
          a riflettere di che cosa sono potenzialmente capaci di fare le persone 
          sorde e del dovere che la società ha di fornire i 
          servizi indispensabili anche per la loro dignità.