Relazione per lo sviluppo dei sottotitoli
presentata a Genova al Convegno Nazionale 1992
L'educazione dei sordi
da Aldo Zargani
responsabile del Servizio Sottotitoli del Televideo RAI
Alla RAI i sottotitoli sono stati attivati a partire dal 1986, e oggi produciamo ventuno ore di sottotitoli alla settimana. Scegliamo i programmi cercando di rispettare le scelte del pubblico della RAI, nell'assunto che le persone sorde abbiamo le stesse preferenze del pubblico in generale. Un po' per volta, come spesso avviene in queste imprese, abbiamo incominciato a darci delle arie. Oggi siamo quasi convinti di svolgere una doverosa opera educativa, nei confronti dei bambini come degli adulti; forse non abbiamo tutti i torti, perchè il mondo, un poco, si è modificato nei confronti dei sordi. Si è modificato in meglio, perchè per ventuno ore alla settimana uno ha a disposizione dei programmi, belli o brutti che siano. Questa modificazione dell'ambiente, realizzata non tanti anni fa, è stata una volta tanto favorevole e, quando si considera che spesso il progresso tecnologico incide negativamente, ne siamo contenti.
Ci sono, però, dei ma, e la mia relazione ha proprio
lo scopo di spiegare il titolo, un po' demente, che le ho dato. Stiamo per
vivere un'epoca molto differente da quelle che l'hanno preceduta. Prendiamo
per esempio la carità cristiana. Sembra che avrà dei campi vastissimi
su cui esercitarsi: dai "selvaggi" dell'Amazzonia agli ex comunisti
della Confederazione degli Stati Indipendenti da evangelizzare. Una quantità
incredibile di persone. Io, che sono pessimista di natura, ho un po' paura
che gli handicappati di casa nostra potrebbero passare in secondo piano. Non
credo che la carità cristiana non sia illimitata. È vastissima,
e tuttavia anche sotto questo aspetto noi possiamo temere di entrare in un'epoca
di penuria.
Non so fino a che punto il progresso tecnologico sia stato determinato dallo
sviluppo del capitalismo, dalla concorrenza, e fino a che punto sia invece
dovuto a centoventi anni di guerre tecnologiche che hanno profondamente innovato,
talvolta in bene e talvolta in male. Io non credo che gli impianti cocleari,
utili o disutili che siano, cinquecento impiantati nel mondo, sarebbero mai
stati inventati espressamente allo scopo di aiutare, se andava bene, quelle
cinquecento persone sorde.
Altre speranze si potevano fondare sul socialismo, che mi sembra negli ultimi
anni essere diventato un po' fuori moda.
Allora, secondo me, sordi in futuro ce ne saranno pochi.
Coloro che hanno parlato qui, all'inizio hanno detto: guardate che il concetto di handicap si restringe, sono passati i tempi in cui si poteva essere handicappati. C'è una commissione durissima che dice: no, questo non è un handicappato. Anche in questo campo ci saranno delle esclusioni, forse giustificate; si rientra nel mondo della necessità, della carenza. Allora è forse necessario far partire un rapporto tra il mondo delle trasmissioni, di cui facciamo parte, e il mondo della scuola che mi sembra ampiamente rappresentato qui, facendo appello ad un'entità che può essere massimizzata: l'intelligenza sociale. Lì siamo fortunatissimi, perchè in Italia abbiamo ancora un mancato uso dei giacimenti di intelligenza sociale.
Volete un esempio? Vi prego di non offendervi. Noi riceviamo
lettere da persone sorde, ma non abbiamo mai avuto altrettanto intensi rapporti
con il mondo della scuola. I nostri sottotitoli che hanno, come vi ho detto
prima con arroganza, una loro funzione pedagogica, sono stati utilizzati in
quanto tali in misura scarsissima dalla scuola. Eppure io vendo un prodotto
meno costoso di quello che vi è stato proposto dal relatore che mi
ha preceduto.
Con un semplice registratore l'insegnante è in grado di mettere il
suo alunno, sordo o no, davanti al video e fargli imparare l'italiano, con
programmi che sono stati trasmessi da noi. Questo non avviene nelle scuole
italiane, o avviene in misura talmente ridotta che sfugge a ogni misurazione.
Allora, forti della nostra arroganza, abbiamo fatto, e stiamo ancora sviluppando,
degli studi per capire perchè i sottotitoli sono così disdegnati,
non solo dalla scuola ma anche dalle famiglie.
A noi scrivono molto più facilmente i bambini; gli
adulti, più che per chiedere programmi per i propri figli, scrivono
per chiederci più trasmissioni di "Beautiful" e "Quando
si ama". Questi modesti mezzi di misurazione ci dicono che l'aspetto
educativi dei sottotitoli, che è potente perchè abbiamo visto
che è possibile imparare l'italiano in questo modo, è un po'
trascurato.
Non ho resistito alla tentazione di prepararvi un lucido, ma proprio uno solo,
che è la vera gioia dell'oratore. È la copia di una lettera
che vi dà l'idea del tipo di "cliente" che noi abbiamo, e
che serve bene a commentare una frase che ho udito qui da un precedente oratore:
che dentro un sordo c'è tutto e c'è niente. Ho udito poi un'altra
frase, meno drammatica ma interessante: che nella scuola ai ragazzi di dodici
e tredici anni, solo per il fatto che posseggono poche parole, si insegna
come se avessero solo cinque anni.
Che cosa succede, allora? Non è più che una
curiosità. Ci scrive un ragazzo che non è capace di scrivere
in italiano, ma elenca tutti i film che lui vorrebbe vedere sottotitolati
alla televisione.
Se provate a scendere per un po' dal nostro piedistallo intellettuale, vi
accorgete che questo ragazzo ha un gusto cinematografico tutto suo e, tra
l'altro, anche moderno. Sa che cos'è il cinema.
Vi mostro la pagina successiva. Si vede che lui ha fatto addirittura le cassette
di questi film. Guardate come scrive. "i prego non mi piace UNO RAI.
Mi piace solo DUE TRE RAI". Io non credo che lui sia un socialcomunista:
penso che non riceva bene RAI UNO nel posto dove sta. Dice: "io sto in
Calabria; tanti cassette di film io non sento, sordo. Vuoi copiare cassette
di quello. Ciao, come stai? Abbastanza bene. Perchè le cassette di
film. Ciao".
Se questo ragazzo non avesse scritto quali sono i film che
lui preferisce, quali sono quelli che ha registrato, e avesse scritto solo
quelle povere parole, ci avrebbe incoraggiato a non fare i sottotitoli. Invece
noi, attraverso questo che vi ho presentato come esempio delle lettere che
riceviamo, ci siamo resi conto, pur non essendo dei professionisti, che la
quantità d'informazione che a un sordo può arrivare da un sottotitolo,
per poco che sia, arricchisce. È come per le strade, in automobile.
Il segno di "STOP" è poverissimo; però dobbiamo ammettere
che nella stragrande maggioranza delle persone lo si vede e lo si rispetta,
per nostra fortuna.
Noi abbiamo avuto casi di sordi che ci raccontavano che cosa avevano capito
di film come "Indovina chi viene a cena". Avevano capito tutto il
contrario di quello che si verificava, e hanno capito i significati del film
solo dopo che l'hanno visto sottotitolato, perchè dalle austere tristi
e sdegnose espressioni del volto di Spencer Tracy e dalle lacrime della madre
del nero avevano creduto che il matrimonio non si sarebbe fatto.
Adesso stiamo cercando di andare avanti nel campo dei sottotitoli dal vivo. Pensate che negli USA sono fatte quattrocento ore settimanali di sottotitolature, in UK sono arrivati ormai intorno alle duecento ore: sono ormai sottotitolati i telegiornali in diretta. Non ho la sensazione che nelle scuole potrà arrivare alla diretta, ma questa sarà un gran passo in avanti anche per la dignità civile dei sordi, che hanno gli stessi diritti d'informazione che hanno tutti gli altri. È quindi obbligatorio per noi, come servizio pubblico, dire alle persone sorde quello che sta succedendo. Dopo che l'avranno saputo nel dettaglio non saranno più ottimisti, ma noi glielo dobbiamo dire.
Vorrei lanciare qualche strale nei confronti dei grandi specialisti.
Non li ho visti citare, nella sequenza crescente dei mezzi di educazione dei
bambini, i sottotitoli. Ho la speranza che i sottotitoli siano parte della
"total communication" in quanto parte dei mezzi per la comunicazione
nei casi di sordità. È un mezzo a disposizione della scuola,
solo che voglia adoperarlo. Non ne ho sentito parlare. Mi sarebbe piaciuto
tanto sentirlo specificare, e non tanto per noi.
Stamattina mi pare avere sentito un otorinolaringoiatra che diceva, con frase
un po' brutale anche se non del tutto priva di verità, che quando uno
è sordo ad un certo livello a scuola ci va per scaldare la panca. La
frase mi ha impressionato e forse non è del tutto vero. Sta di fatto
che esistono mezzi molto modesti, come un videoregistratore, con cui si possono
fare cose che, tra l'altro, servono non solo ai bambini sordi.
Le riserve che si fanno sul modo di scegliere gli insegnanti di sostegno sono
giustissime; bisognerebbe però che si diffondessero determinate forme
di comportamento nella scuola, poco costose e molto utili.
A conclusione desidero dire che mi sento onorato di essere
stato invitato a questo convegno. Mi pare che, più che attraverso leggi,
regolamenti eccetera, il contenimento del caos possa affidarsi al contatto
tra strutture come la RAI e la Scuola, realtà che fronteggiano fenomeni
simili, ma con costi diversi. Quelli della scuola sono molto più elevati
dei nostri perchè la sua metodologia non è differente da quella
del '700. Noi siamo legati a diffusioni circolari per cui il nostro segnale
può raggiungere milioni di persone; il segnale della scuola non deve
raggiungere, in definitiva, più della classe.
Ma, al di là di considerazioni sui costi, che non fanno mai male, io
penso che contatti reali e concreti tra RAI, persone che operano nella scuola
e coloro che si occupano di videocassette, che sono parte integrante dei mezzi
di informazione, possono costituire un piccolo significativo passo in avanti
per la soluzione dei problemi.