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Il Progetto VOICE per la Didattica:
i bisogni degli studenti universitari audiolesi
Il sostegno da parte degli studenti "150 ore"
Testimonianza di Giacomo Pirelli, studente audioleso
presso il MultiDams dell'Università di Torino

1. Storia personale e scelta oralista

Sono Giacomo Pirelli, ho 22 anni. Ho frequentato il Liceo Artistico di Varese e poi un corso annuale di Grafica Web. Attualmente frequento il corso di Multimedialità e Cinema (MULTIDAMS) presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Torino.
Ho scelto questo corso perchè vorrei studiare il cinema d'animazione e le nuove tecnologie, gli effetti speciali e la grafica a 3D.
La mia educazione oralista, basata sull'apprendimento della lingua parlata, mi ha aiutato molto a vivere integrato nella società, cioè con la possibilità di comunicare con chiunque.
Ho avuto un'insegnante di sostegno fin dalla scuola elementare, che mi ha aiutato a studiare, ma anche a favorire i miei rapporti interpersonali, l'integrazione scolastica e la socializzazione.

2. Gli studenti "150 ore"

All'Università ho dovuto affrontare alcune difficoltà per frequentare le lezioni in modo adeguato.
L'ufficio Disabili mi ha fornito l'aiuto di alcuni studenti"150 ore" a tempo parziale, con una formazione universitaria dello stesso settore. Tutti hanno dimostrato disponibilità a fare un'esperienza utile con me, anche se non conoscevano bene i miei problemi di sordità.

3. Tipi di lezioni, supporti tecnici e limiti nella comunicazione

Nel corso del MultiDams ho potuto seguire due tipi di lezioni: quelle cattedratiche e quelle multimediali, per es. presentazioni Power Point. Queste ultime mi hanno consentito di capire le spiegazioni, anche se i docenti dicevano qualcosa di più rispetto ai testi schematici presentati.
Oltre allo sforzo per la comprensione della lezione stessa è indispensabile un impegno costante per sopperire ad una continua mancanza di informazione, per es. la non percezione del tono delle frasi. Di fronte a lezioni apparentemente simili, come capire che in un caso il professore intende: "Vi spiego questo bene perchè è interessante, ma non è importante"; o viceversa, in un altro caso, il professore intende: "Vi spiego questo rapidamente, ma è molto importante, approfondite il tema sul libro"?
Oppure, delle frasette appena accennate, come: "Questo punto è fondamentale per la verifica scritta, ma non per l'esame orale". O semplici indicazioni, come: "La settimana prossima non farò ricevimento".
Nella comunicazione tra un docente ed uno studente audioleso, tutti e due devono convincersi che il problema li riguarda entrambi, visto che, non potendo servirsi di un canale sonoro limitato o assente, devono sostituirlo con un canale visivo.
Pertanto, il professore deve farsi carico del problema di comunicazione verso il ragazzo audioleso, semplificando e migliorando il suo modo di espressione durante le lezioni, negli incontri nelle ore di ricevimento, durante gli esami scritti ed orali e creando delle occasioni ulteriori d'incontro per discutere del piano di studi o di altre difficoltà.

4. La lettura labiale

Di solito, quando seguo una lezione di tipo cattedratico, mi siedo in prima fila a fianco dello studente che prende gli appunti e mi sforzo di leggere le labbra del docente, ascoltare e comprendere le sue spiegazioni.
Quando guardo i filmati proiettati in aula, cerco di capire anche la musica e i dialoghi: in ciò incontro molte difficoltà, anche se capisco qualcosa grazie all'impianto cocleare. Gli studenti "150 ore" sono stati disponibili a scrivere i punti principali dei filmati, il che è un aiuto concreto importante.
Il motivo che mi ha spinto a richiedere un supporto adeguato dallo studente "150 ore" è che è molto faticoso seguire più lezioni nella stessa giornata, dovendo fissare lo sguardo sulle labbra dei docenti. Ciò inoltre mi impedisce di prendere gli appunti contemporaneamente.
Se seguo la lettura delle labbra del professore e riesco ad ascoltare la sua voce, posso capire abbastanza bene ciò che viene detto. Ma, se non riesco a concentrarmi bene nell'ascolto, a causa dell'ambiente rumoroso, o comunque dopo un certo tempo di concentrazione, perdo il filo del discorso: per questo motivo, se posso leggere contemporaneamente gli appunti che lo studente prende per me, fatico meno a seguire il discorso.

5. Gli esami

Gli studenti "150 ore" hanno contribuito alla mia preparazione per gli esami, grazie alla loro disponibilità, all'impegno costante, a molta attenzione e concentrazione a prendere gli appunti durante le lezioni e alla volontà di discutere, con alcuni miei docenti, dei miei problemi di udito e delle lezioni.
Ora, alla fine del primo anno, posso dire di aver sostenuto tutti gli esami ottenendo dei buoni esiti, che hanno premiato il mio costante impegno e confermato la mia volontà di proseguire gli studi.
Il titolo Scripta volant di una conferenza della RAI chiariva come i sottotitoli televisivi fossero effettivamente delle parole scritte, ma volanti, cioè molto brevi nel tempo, del valore del discorso orale. Un po' lo stesso problema dello stile di scrittura dei messaggini dei telefonini o dei messaggi di posta elettronica, più prossimo a quello orale.
Per tenere conto di tali difficoltà, per un esame scritto, per lo studente audioleso è sancito il diritto di disporre di un tempo maggiore. Esso dovrebbe essere fornito in modo automatico e non concesso di volta in volta dietro richiesta dello studente.
Se un professore preferisce sostituire un'interrogazione orale con una scritta, per evitare uno sforzo per comprendersi reciprocamente, è necessario sottolineare che si tratta di una situazione più difficile, poiché la risposta potrebbe non corrispondente alla correttezza ed eleganza che ci si potrebbe attendere dal linguaggio scritto.
Bisogna quindi dire che non si tratta di un'interrogazione scritta, ma di un'interrogazione orale svolta in modo scritto, cioè dove lo scritto esprime in modo semplice ed immediato le frasi pensate in modo orale. Non si tratta di un giudizio delle capacità di espressione in lingua italiana, ma della conoscenza della materia.

6. Il lavoro in gruppo

Un problema che avrei desiderato poter risolvere in modo migliore è quello dei rapporti con i compagni.
Ho partecipato a un lavoro di gruppo con alcuni di loro per preparare una relazione di letteratura e sono soddisfatto di questo perchè ho avuto l'occasione per conoscerli e avere qualche consiglio per le ricerche dei libri.
Poter discutere con altri è molto importante per approfondire lo studio ed anche per essere informati di tante cose che purtroppo non riesco a sapere in altro modo: commenti sui metodi di insegnamento e di interrogazione dei professori, parti più importanti degli esami, ecc.

7. Il punto di vista di uno degli studenti "150 ore"

Diego Ponzo, da poco laureato al D.A.M.S. di Torino, scrive in una sua relazione che
"... proprio i miei ultimi mesi di università si sono accompagnati all'esperienza di studente "150 ore", che si è rivelata un'esperienza formativa per me oltre che (spero) utile per Giacomo.
Per alcuni versi credo sia infatti utile una figura (tanto più uno studente) in grado di svolgere piccole pratiche (burocratiche o di ricevimento dai docenti) davvero antipatiche e faticose per i ragazzi diversamente abili; notevole è stato lo sforzo di Giacomo nel dover cambiare e quindi adattarsi a ben tre studenti diversi nel corso del suo primo anno di studi universitari, ma forse il bello sta anche nell'aver visto più modi di studiare e di operare.
Consiglierei l'esperienza che ho avuto la fortuna di vivere a chiunque: davvero arricchente il contatto così stretto con una persona e davvero formativo, per entrambi gli studenti, "obbligati" a stare a stretto contatto nel loro lavoro.
In ultimo, ritengo che nella mia esperienza vi sia stato uno scambio fondamentale e continuativo, dovuto alle nostre (di Giacomo e mie) rispettive conoscenze e passioni... "

8. Considerazioni di un genitore

La funzione principale degli studenti "150 ore" è stata quella di prendere gli appunti, sia perché Giacomo potesse leggerli dopo la lezione, sia perché potesse prenderne visione durante la lezione stessa, per seguirla meglio e poter maggiormente far parte del gruppo classe.
Inoltre, gli stdenti si sono adattati a diverse necessità, per es. aiutando nei contatti al di fuori dell'aula, con il Tutor, i professori e le strutture esterne.
Hanno anche cercato di fornire un aiuto nel periodo dell'esame, o per studiare direttamente con il ragazzo o per facilitare i contatti con altri compagni, vista l'impossibilità della comunicazione via telefono.
Per uno studente audioleso è frustrante scoprire di non essere stato informato di alcuni dettagli importanti, per esempio alcune pagine di esercizi, alcuni comandi specifici dei programmi software, alcune semplificazioni o variazioni dei programmi d'esame, che, se fossero stati noti prima, avrebbero facilitato lo studio.
Il Sevizio Disabilità potrebbe dedicare più tempo agli studenti audiolesi prima delle prime lezioni all'inizio dell'anno accademico, per affrontare diversi problemi di ambientamento sociale e di orientamento didattico. Si tratta di problemi pesanti per chi per la prima volta si trova confrontato ad un ambiente nuovo, con regole diverse da quelle del liceo, che causano un notevole disorientamento in chiunque, in particolare in un disabile.

9. I problemi di comunicazione, il Tutor ed il piano di studi

Trattandosi di un handicap invisibile, le sue difficoltà sfuggono a molti professori, i quali, mentre possono intuire facilmente gli ostacoli incontrati da un non vedente o da un disabile motore, potrebbero essere impreparati di fronte alle difficoltà di comunicazione proprie degli studenti audiolesi.
La sordità non implica solo il non sentire, ma comporta profonde difficoltà nello sviluppo del linguaggio e nel modo di relazionarsi con il prossimo.
Fin dalla prima infanzia manca l'esposizione ai suoni ambientali, sia quelli di allarme, sia quelli rassicuranti di presenza di altri (genitori), sia di richiamo (nei giochi), creando al tempo stesso insicurezza, isolamento, iperattività.
Vengono a mancare le infinite occasioni di esposizione al linguaggio, l'immersione in migliaia di frasi, in casa, a scuola, per strada, nei negozi, nei mezzi di trasporto, o provenienti dalla radio o dalla televisione. Inoltre, la necessità di frequenti interventi logopedici impone ritmi diversi, limitando i contatti propri dell'infanzia e la spontaneità tipica di quell'età.
Nella migliore delle ipotesi, in un ragazzo audioleso oralista che eserciti una discreta lettura labiale, è inevitabile uno spostamento degli spazi e dei tempi, dovuto ai ritmi diversi imposti nel dialogo. Guardare diventa una necessità vitale per comprendere l'interlocutore, assicurarsi di essere compreso da lui, intuire chi in un gruppo sta parlando e più in generale cosa sta avvenendo in un determinato ambiente.
La domanda che qualsiasi studente si pone è la vera finalità degli studi e quindi ricerca un chiarimento ed un aiuto la definizione del proprio piano di studi.
Tale difficoltà è accentuata nel caso di una disabilità, ed in particolare della sordità, che, per i suoi problemi di comunicazione, isola ancor maggiormente lo studente e non gli consente di cogliere molte informazioni, di solito comunicate solo parzialmente, o note unicamente in modo informale tramite i commenti tra i compagni, ovviamente non udibili.


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