PARLIAMONE


notiziario
Periodico trimestrale - Settembre 1996 - N. 9 Distribuzione gratuita ai soci
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IL GIUDIZIO DI IDONEITÀ AL LAVORO


Il contributo del professor Costa riprende ed approfondisce il tema del riconoscimento di invalidità ai fini dell'inserimento lavorativo.
L'approccio proposto consente di superare il modello di certificazione/accertamento basato sulla natura e tipo di deficit, a favore di una valutazione funzionale in grado di far risaltare le capacità della persona ai fini del lavoro.


L'inserimento lavorativo
delle persone disabili


1. Premessa
Un corretto ed efficace inserimento lavorativo delle persone disabili è un fondamentale diritto sancito dalla costituzione e definito da numerosi atti legislativi.
Al di là delle affermazioni di principio, tuttavia, il processo di inserimento lavorativo non si presentaper niente facile per le oggettive difficoltà che si incontrano dal punto di vista tecnico e organizzativo, sia in ambito sociale che lavorativo.
Una di queste riguarda il giudizio di idoneità al lavoro specifico, che deve essere formulato da personale competente e che costituisce il cardine per un effettivo ed efficace inserimento lavorativo.

2. Il concetto di disabilità ed handicap lavorativo
Se per "handicap" si intende "la condizione di svantaggio esistenziale, conseguente a una menomazione o a una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale in relazione all'età, sesso e fattori socio-culturali" (OMS. Organizzazione Mondiale della Sanità), allora occorre preliminarmente ribadire che tutti gli interventi volti a superare, o limitare, questa condizione devono fare riferimento ad una valutazione "funzionale" della stessa e non rimanere ancorati all'analisi "morfologica" concernente il tipo e la gravità della menomazione o, al più, le caratteristiche intrinseche della disabilità. Infatti una "menomazione" (cioè "qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione fisiologica o anatomica", OMS) può determinare gradi più o meno severi di disabilità (cioè "qualsiasi limitazione o perdita, conseguente a menomazione, della capacità di compiere un'attività nel modo e nell'ampiezza considerati normali per un essere umano", OMS), la quale a sua volta si può tradurre in un handicap più o meno grave in relazione a diversi fattori, il più delle volte a maggior componente sociale che individuale.
Il processo attraverso il quale si arriva al giudizio di idoneità deve pertanto articolarsi in una serie di fasi atte, da un lato, ad analizzare e valutare le capacità psicofisiche della persona, non solo a carattere generale, ma in relazione alla specifica attività lavorativa che essa sceglie o gli viene offerta; dall'altro, esse devono essere in grado di adattare il lavoro alle capacità operative della persona stessa.
Utilizzando una classificazione "funzionale" delle persone disabili in relazione al lavoro, si possono prevedere le seguenti categorie di persone:
1) Persone che, pur tenendo conto delle limitazioni determinate dalla menomazione o dalla disabilità, sono in grado di svolgere una specifica attività lavorativa come un qualsiasi altro lavoratore.
2) Persone che possono svolgere la propria attività lavorativa come qualunque altro lavoratore, se vengono eliminate alcune barriere architettoniche e/o tecnologiche, o se vengono dotate di adeguati ausili.
3) Persone che, nonostante gli adattamenti indicati nel punto precedente, non sono in grado di raggiungere i livelli di operatività degli altri lavoratori, ma che comunque possono esercitare un'attività "accettabile".
4) Persone che, in relazione alla gravità della disabilità, non possono essere inseriti in attività comuni, ma che possono trovare una idonea collocazione, se opportunamente inserite, in attività protette.
5) Persone che, in relazione al tipo e gravità della disabilità, non possono essere inserite in alcuna attività lavorativa, se non unicamente a fini "terapeutici".

3. Indirizzi per una metodologia di inserimento
Il processo che porta al giudizio di idoneità deve essere estremamente flessibile e diversificato e deve ricevere il contributo integrato di figure professionali diverse, appartenenti non soltanto all'area medica, ma anche a quelle tecniche e psico-sociali, che siano in grado di dare risposte concrete ed efficaci alle diverse problematiche connesse con la persona, da un lato, e con il posto di lavoro dall'altro.
Le principali fasi attraverso le quali si può arrivare a formulare un corretto giudizio di idoneità al lavoro specifico riguardano:

3.1. La valutazione delle capacità della persona
Una corretta analisi delle attitudini e potenzialità residue è una condizione preliminare fondamentaleper poter individuare efficacemente le aree verso le quali indirizzare l'inserimento lavorativo e l'eventuale formazione professionale specifica. Essa si basa su più approcci diagnostici volti a valutare le capacità nelle diverse aree funzionali: motorio- sensoriale, percettiva, orientamento spazio-temporale, apprendimento, attenzione/vigilanza, comunicazione, etc. Si può così ottenere un "profilo" funzionale della persona, in base al quale si può valutare anche la possibilità di elevare il livello di base di alcune funzioni, mediante il potenziamento delle attività di riabilitazione e/o l'adozione di ausili specifici o personalizzati.
È così possibile anche valutare il grado di "capacità funzionale residua" in maniera sistematica e standardizzata, svincolandola da criteri soggettivistici che, oltre ad essere estremamente variabili in relazione al rispettivo campo di competenza della persona esaminatrice, il più delle volte tendono a valutare (o sopravvalutare) gli aspetti più appariscenti e a trascurare molte potenzialità e capacità meno espresse.

3.2. L'analisi del posto di lavoro
Una precisa analisi del posto di lavoro è l'altro cardine su cui si basa la concreta possibilità di inserimento lavorativo della persona disabile.
Sulla base di tale analisi è possibile stilare un giudizio di "idoneità al posto di lavoro" in funzione non soltanto delle norme legislative e contrattuali, ma soprattutto in base a variabili ed indicatori adeguatamente analitici e in funzione delle persone chiamate ad operare in tale ambito.

3.3. Il giudizio di compatibilità tra persona e posto di lavoro
Esso deve basarsi sulle seguenti considerazioni:
1) L'handicap lavorativo non è necessariamente legato alla disabilità di base della persona, ma deriva più spesso da una incongruenza nell'interazione dei due sistemi: l'uomo e l'ambiente di lavoro globalmente inteso.
2) La definizione di capacità lavorativa di un individuo deve pertanto essere di tipo "specifico", cioè basata sull'analisi della sua capacità funzionale residua, associata alla sua preparazione culturale e professionale, comparata alle richieste operative (fisiche, mentali, relazionali) del compito. Ad es., mentre una persona non vedente può avere una capacità funzionale residua ridotta di una certa percentuale se valutata in termini generali, essa può mantenere una capacità lavorativa specifica al lavoro di centralinista telefonico pressoché intatta, dato che la menomazione non si traduce in un "handicap" per quel lavoro.
3) Il giudizio di "idoneità" al lavoro specifico, per essere realmente efficace, non può comunque limitarsi ad un accoppiamento meccanicistico tra richieste del compito e caratteristiche funzionali della persona, ma deve essere adeguatamente supportato da una serie di attività volte a ottimizzare l'interazione tra uomo e organizzazione del lavoro.

3.4. Gli interventi di progettazione/adattamento del posto di lavoro
Il soggetto disabile, proprio in relazione ai deficit funzionali di cui è portatore, può costituire un "sensore" più preciso e precoce nei riguardi di situazioni di lavoro non idonee o antifisiologiche, che possono col tempo determinare una situazione di rischio per gli altri lavoratori. D'altro canto, si è verificato spesso che l'introduzione di ausili o la modifica di tecniche operative volte a facilitare l'inserimento di persone disabili, si siano poi rivelate utili anche al miglioramento delle condizioni di lavoro di tutti gli altri lavoratori.
E' evidente che un corretto utilizzo degli ausili più appropriati consente non soltanto un notevole incremento della capacità lavorativa della pesona, ma può arrivare addirittura al recupero di funzioni considerate irrimediabilmente compromesse o perdute (ad es: vista, udito, parola, motilità).

4. CONCLUSIONI
L'inserimento lavorativo costituisce il fine del processo riabilitativo e un dovere civile e sociale. Le attuali conoscenze scientifiche e le innovazioni tecniche mettono a disposizione tanti e tali strumenti tecnici e culturali per cui non è più accettabile un ateggiamento semplicemente solidaristico, se non pietistico.
Esso deve pertanto esssere attuato con una metodologia scientifica, idonea a valutare nella maniera più completa posibile i diversi aspetti del complesso problema. Ciò richiede competenze specifiche in diversi campi disciplinari, olre che strumenti legislativi adeguati, che devono integrarsi fattivamente nel prospettare e attuare soluzioni pertinenti ed efficaci, in modo da garantire anche questo fondamentale diritto della persona.
Ciò presuppone anche il superamento delle bariere culturali che molto spesso ostacolano assai pesantemente il processo di inserimento sociale delle persone disabili.
In tale contesto, il giudizio di idoneità al lavoro specifico viene pertanto ad assumere una funzione di cruciale importanza.

Prof. Giovanni Costa
Associato di Medicina del Lavoro
Università di Verona


SOMMARIO di Parliamone n.9


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