PARLIAMONE


notiziario
Periodico trimestrale - Settembre 1996 - N. 9 Distribuzione gratuita ai soci
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Storia di Silvia, affetta da una sordità media probabilmente congenita, raccontata da suo papà che poteva, forse capirlo prima.


Silvia ha oggi 5 anni. Tra i due anni e mezzo e i tre anni cominciammo a inerrogarci sul ritardo del suo linguaggio, avendo come misure quello del fratellino più grande della stessa età.
Silvia utilizzava un vocabolario più ristretto, ricorreva sovente a parole "fantasiose": ad esempio la costrusione della frase risultava molto sgangherata.
La bimba aveva ed ha un carattere vivace e allegro contraddistinto da una forte autonomia. A volte si immergeva nei suoi giochi e si estraniava completamente dal contesto familiare.
Per cercare di capire le ragioni di questo comportamento ci rivolgemmo al SIMEE di zona (viviamo a Milano). Dopo un po' di sedute, senza che ci fosse stata data una diagnosi dei problemi di Silvia, capimmo che la vera terapia consisteva nella messa in analisi della nostra coppia.
Nel frattempo, su consiglio del pediatra dell'asilo del fratellino, portammo Silvia a fare un esame audiometrico in via Ragusa. Ci fu detto che l'esame non era stato eseguito in modo soddisfacente perché Silvia, data l'età, non interagiva correttamente con gli strumenti. Secondo il medico che la visitò non c'erano però particolari problemi e ci consigliò di tornare a ripetere l'esame a distanza di un anno.
Mi sembrò opportuno informare la psicologa del SIMEE dell'esito dell'esame. La risposta fu, più o meno, la seguente: "ma voi pensate che noi non abbiamo preso in considerazione il fatto che Silvia avesse problemi uditivi? Silvia non ha problemi uditivi, ma ha ben altri e più preoccupanti problemi!". Alla richiesta di chiarimenti ci fu risposto di... avere fiducia che stavano facendo il meglio.
Fortunatamente erano arrivate le vacanze che consentirono a me e a mia moglie di approfondire meglio le nostre impressioni senza la mediazione di un'analisi non voluta e non richiesta, con un notevole miglioramento e rasserenamento del clima familiare.
A settembre Silvia fece l'inserimento all'asilo. Al SIMEE si seccarono perché, in accordo con le maestre, ritenemmo giusto ritardare la ripresa delle sedute. In pochi giorni la bimba si inserì perfettamente all'asilo e, un po' sadici un po' masochisti, noi genitori la riportammo al SIMEE.
Dopo un primo incontro senza problemi, Silvia, piangendo disperatamente e aggrappandosi a chi la accompagnava, oppose un netto rifiuto ad andare al SIMEE. D'accordo con le maestre dell'asilo decidemmo di interrompere le sedute bisettimanali. La psicologa sentenziò che eravamo stati noi genitori ad indurre Silvia al rifiuto!
Per un paio di mesi quando ci capitava casualmente di passare con l'auto vicino al SIMEE, Silvia entrava in grande agitazione e tornava a piangere disperatamente.
Con le maestre dell'asilo, con cui avevamo discusso approfonditamente il problema, stabilimmo di tirare delle prime conclusioni al termine del primo anno.
Il loro giudizio concordava largamente con il nostro. A fronte di una buona capacità di Silvia di socializzare e di eseguire bene molte delle attività propostele, si evidenziavano dei momenti di forte estraniazione.
Si decise di rivolgersi ad un'altra psichiatra infantile. La diagnosi, al termine di un colloquio di circa un'ora interrotto da più telefonate, fu perentoria: Silvia era iperuditiva e si isolava per difendersi dai troppi rumori. La terapia messa per iscritto consisteva nel parlarle a bassa voce e nell'evitare rumori e luci forti in sua presenza. Dopo una decina di giorni ci venne recapitata una lettera della suddetta psichiatra, a cui era allegato un volantino riguardante un ciclo di seminari per genitori di bambini cerebrolesi.
Il colpo basso ricevuto ci portò, per una serie di associazioni anche casuali, ad incontrare all'Ospedale di Varese il dott. Burdo, che ha messo a punto innovative metodologie per la diagnosi precoce di sordità, senza la necessità di interazione diretta del piccolo paziente.
Nell'arco di una settimana, a seguito di una diagnosi di deficit uditivo di circa 55 decibel da entrambi gli orecchi, venivano programmati gli apparecchi che oggi Silvia porta con giovamento e senza particolari problemi.
Al suo papà resta il rammarico di averle fatto perdere del tempo prezioso, che le ha impedito di avere relazioni più complete con il mondo circostante e che ha determinato un ritardo nelle sue capacità di espressione, che ci auguriamo di poter presto colmare con l'aiuto di Fausta Nume e Stefania Mei e con la grande disponibilità di Marina e Silvana, le sue splendide maestre dell'asilo.

Sergio Vicario


P.S.: le psicologhe e le psichiatre a cui ho fatto riferimento sono state informate dei reali problemi di Silvia. Nessuna di loro ha sentito il dovere di scrivere due righe, non di scuse ma di spiegazione.


SOMMARIO di Parliamone n.9


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